Geopolitica

GEOPOLITICA            

Sai che esiste  una particolare abitudine che rende le elezioni americane  quasi truccate ? Il gerrymandering è un sistema che ridisegna i collegi elettorali a favore di chi lo fa.

   Sapevi che l’inno spagnolo non ha un testo ufficiale ?  Che Cina ed India sono formalmente in guerra?  Conosci l’origine dei conflitti tra Sunniti e Sciiti e come si sta muovendo l’Arabia Saudita per fronteggiare l’estremismo sunnita? Ricordi il contenuto degli accordi del Venerdì santo del 1998 in Irlanda e perché sta creando seri problemi alla Brexit ? Sapevi che il Venezuela avrebbe a disposizione riserve petrolifere superiori a quelle dell’Arabia Saudita se fosse in possesso delle necessarie tecnologie estrattive?

 

GEOPOLITCA. Come è ovvio non siamo esperti in questo settore che, comunque dobbiamo tenere d’occhio viste le ovvie implicazioni con l’andamento dell’economia. Questa sezione del glossario si propone fornire una rapida guida alle situazioni più importanti arricchendole anche di elementi non strettamente attinenti all’economia ma, come dire, utili e divertenti da sapere per sostenere una conversazione!

Arabia Saudita E’ lo swing State dell’OPEC in grado, cioè, di aumentare o diminuire la produzione giornaliera di barili petroliferi per influenzare il prezzo. E’ capofila degli Stati sunniti da sempre in contrapposizione, all’interno dell’Islam, con gli sciiti, pari al 15% dei fedeli musulmani, presenti principalmente in Iran, Iraq e Libano. La disputa tra le due correnti risale all’origine dell’Islam e riguarda la successione a Maometto. I sunniti hanno accettato i califfi che si sono succeduti al Profeta mentre gli sciiti avrebbero voluto che il posto andasse al cugino assassinato nel 661 a Nagaf in Iraq. Alla contesa tra sunniti e sciiti possiamo dire che si affianca quella su chi sia il maggiore finanziatore dei terroristi arabi da cui l’appoggio dato e tolto all’Iran dagli USA a seconda della posizione politica prevalente a Washington. La casa reale al potere è costituita da circa 5.000 principi che godono ampiamente delle entrate petrolifere. Una delle principali paure dei mercati internazionali è che la monarchia possa perdere il controllo. Nonostante timidi tentativi di riforme e aperture alla condizione femminile la popolazione, pari a 27 milioni, conta molto sul sistema di welfare garantito dal petrolio. Esiste anche una minoranza sciita che vive dentro le mura del Regno saudita, prevalentemente nelle regioni orientali ricche di petrolio, che si ritiene oppressa dalle autorità di fede wahhabita. Al momento la monarchia ha lanciato il cosiddetto piano 2030 per allontanare la dipendenza dell’economia dal petrolio. Dal maggio 2017 il principe ereditario è Mohammad bin Salman ,indicato spesso come MBS, che sta cercando di dare alla dinastia un’impronta maggiormente laica. Sono stati incarcerati 4000 membri del clero ed è stata dichiarata guerra al salafismo con cui prima i rapporti erano più ambigui. Al momento sta portando avanti in Yemen una guerra per procura contro l’Iran.

Argentina Ha circa 45 milioni di abitanti ed una storia economica, come dire, complessa. Da quando ha dichiarato l’indipendenza dalla Spagna, nel 1816 iniziò un processo che portò nel 1853 ad una confederazione di Stati, ha subito 8 default totali che salgono a 14 contando anche quelli parziali. Il primo ci fu nel 1824 ed il secondo nel 1890. Il problema spesso è stato l’eccesso di indebitamento in valuta straniera divenuto insostenibile nei momenti di crisi della valuta locale. Un grave errore è stato anche quello di aver introdotto una parità tra il dollaro ed il pesos. Ha avuto brevi momenti di espansione economica all’inizio del novecento e dopo la seconda guerra mondiale. Ha subito la dittatura militare dal 1976 al 1983 come conseguenza del peronismo che, con la terza moglie di Peron, Isabelita, aveva già un’impronta autoritaria. Durante gli anni 80 l’inflazione divenne incalcolabile, i prezzi nei supermercati venivano cambiati più volte al giorno. Per controllarla fu introdotta, nel 1991, la parità col dollaro, la banca centrale doveva tenere riserve in dollari per un ammontare pari alla moneta in circolazione e rinunciare al controllo del cambio oltre che alla possibilità di stampare moneta, un ritorno al gold standard volendo (!), L’inflazione non scomparse, ma si ridusse molto. Il sistema cominciò ad essere indebolito dalla crisi messicana che costrinse il paese centroamericano a svalutare la propria divisa. L’argentina comunque sembrò superare il brutto momento fino a quando non ci fu la crisi asiatica nel 1997 con la Thailandia che fu costretta ad abbandonare la parità col dollaro , stessa cosa fece il Brasile, che non aveva una parità fissa ma una banda di oscillazione, due anni più tardi. L’argentina invece abbandonò la parità solo nel 2001 costretta ad ammettere che la forza del dollaro, e quindi del peso, contro euro e real aveva compromesso le esportazioni da sempre vitali per il paese. Il cambio contro il biglietto verde passò dalla parità a trenta centesimi di dollaro per un peso. Il debito, però rimaneva in dollari. La conseguenza fu il fallimento di molte aziende prima e dello Stato successivamente. Purtroppo Buenos Aires non sembra aver ancora trovato il ritmo giusto delle riforme, inoltre provvedimenti presi al momento sbagliato o in modo discontinuo non permettono di escludere che la storia si ripeta. Nel 2018 inoltre una forte siccità ha minato gli sforzi di rilanciare con successo l’economia.

Backstop ( Irlanda e Brext) E’ la rete di protezione fra Repubblica d’Irlanda e Irlanda del Nord che di fatto lascia il Regno Unito nell’unione doganale, quindi dentro la Ue, anche se “temporaneamente” cioè fin quando verranno definiti i futuri rapporti commerciali.  Sembra che i vari negoziatori della Brexit non abbiano ricordato tutta la complessa storia dei rapporti , conflittuali o meglio sanguinosi, esistenti in Irlanda e ricomposti con gli accordi del Venerdì Santo del 1998. In pratica si vuole impedire che venga ricostituito un confine fisico che prima del 1998 era pattugliato con blindati ed elicotteri. Nel comune sentire si ricorda ancora che tra il 1594 ed il 1603 ci fu la guerra dei nove anni, al termine della quale molte terre settentrionali irlandesi furono assegnate a protestanti inglesi e scozzesi, i progenitori degli attuali unionisti. A breve, sarà festeggiato il centenario dell’elezione che avrebbe fatto nascere, pochi anni dopo, la Repubblica d’Irlanda e due anni fa c’è stato quello della rivolta di Pasqua. Rimettere in discussione l’accordo del 1998 sarebbe troppo pericoloso. Ha reintrodotto il Parlamento nordirlandese e ha stabilito che il governo locale avrebbe rispettato nella sua composizione la rappresentatività di tutti i maggiori partiti e di tutte le comunità. Da un lato la Repubblica d’Irlanda ha rinunciato ufficialmente a ogni rivendicazione sulle sei contee dell’Ulster, dall’altro il Regno Unito si è impegnato a emanare la legislazione necessaria per creare un’Irlanda unita, qualora ciò sia espressione della maggioranza della popolazione dell’Irlanda del Nord.

Brasile (elezione di Bolsonaro ) Il primo gennaio Bolsonaro, 63 anni di cui quasi 30 come deputato, si è insediato, come Presidente dello Stato federale brasiliano, dopo aver vinto le elezioni col 55% dei voti. La sua vittoria viene attribuita oltre che alla disorganizzazione del partito dei Lavoratori alla criminalità diffusa. L’ex presidente Lula (2003-2011), nonostante i problemi giudiziari sollevati dalle indagini del giudice Moro poi nominato ministro dal nuovo presidente, ha provato a candidarsi salvo poi dover lasciare il posto, a poche settimane dal voto, al suo numero due Haddid ex sindaco di San Paolo, ma con una scarsa notorietà. La criminalità in Brasile è molto diffusa e le dichiarazioni di Bolsonaro, ex militare, hanno fatto presa in un paese in cui, giusto per fare due esempi, è proibito telefonare dall’interno di una banca nel timore che si possa avvisare un complice all’esterno e dove alcuni piccoli centri subiscono attacchi di bande che prima circondano il commissariato e poi assaltano le banche. L’elezione di Bolsonaro è stata attribuita anche al massiccio aiuto della chiesa evangelica cui risulta aderire il 30% della popolazione. La chiesa, appoggiata anche da potenti media tra cui il primo canale televisivo Record , ha dato indicazioni di voto , anche tramite messaggi su Whatsapp, a favore di Bolsonaro. Il nuovo presidente in campagna elettorale ha preso posizione contro l’Accordo di Parigi e questo, ovviamente, desta preoccupazioni circa un eventuale sfruttamento dell’Amazzonia. Aveva anche provato ad unificare il ministero dell’Ambiente con quello dell’Agricoltura. Ha nominato come ministro dell’Economia un personaggio considerato l’ultimo erede dei “Chicago boys” un gruppo di economisti che aiutarono Pinochet a dare una svolta liberista all’economia cilena grazie ad un forte programma di privatizzazioni. E’ stato anche criticato per la massiccia presenza in politica dei suoi figli. Dovrà affrontare la riforma della previdenza sociale e l’estrema povertà che è in crescita.

CHINA 2025 Il programma strategico adottato dalla Cina per dare una svolta alla propria crescita aumentando il peso delle produzioni ad alto contenuto tecnologico. Secondo molti osservatori è il vero obiettivo dei dazi di Trump che ha più volte stigmatizzato la consuetudine cinese di chiedere accesso alla tecnologia delle aziende americane a cui apre il mercato. Già Obama aveva ottenuto da Pechino la cessazione delle pratiche di spionaggio industriale praticate in passato. Non manca chi fa notare che possa essere troppo tardi per contrastare Pechino che, comunque ha ancora molta strada da fare per spostare la popolazione dalle campagne dove i contadini hanno una produttività estremamente contenuta. Il peso dei consumi sul PIL cinese è ancora molto basso: è pari al 37% contro l’oltre 70% degli USA.

Catalogna La Catalogna è una delle 17 regioni autonome prevista dalla Costituzione spagnola del 1978 , redatta dopo la dittatura di Franco ( 1939-1975). Le regioni hanno diversi poteri . I Paesi Baschi e la Navarra hanno un’autonomia fiscale. Alcuni vedono riconosciuta una propria lingua ufficiale o hanno un proprio diritto civile o una propria polizia. La Catalogna gode di tutti e tre questi ultimi diritti. La particolarità della Spagna trova conferma anche nel fatto che la Marcha Real , l’inno nazionale, ha solo la musica manca cioè un testo ufficiale perché non è stato possibile raggiungere un accordo. Alcune regioni stampano libri di testo nelle loro lingue ed hanno versioni diverse rispetto a quelle di Madrid. La Catalogna, con oltre sette milioni di abitanti, è la seconda regione per popolazione dopo l’Andalusia. Nell’ottobre del 2017 ha indetto un referendum per l’indipendenza dove ha vinto il Sì, ma ha votato una minoranza degli elettori e non sono state garantite le condizioni minime di regolarità, ad esempio, non c’erano registri per controllare un eventuale voto doppio. Le ragioni dell’attrito con Madrid, per altro esistente anche in altre regioni , sono da ricercare nell’identità catalana che risale a più di 1000 anni fa e passano per l’avversione alla dittatura durante la quale furono distrutte istituzioni e lingua. Durante tutta la storia gli episodi da raccontare sarebbero molti. Nel diciottesimo secolo Carlo terzo di Borbone concesse alla Catalogna il commercio con gli USA. Nel 1931 nacque la repubblica di Catalogna poi riassorbita l’anno dopo nel varo di uno statuto di autonomia revocato da Franco nel 1938. Per rendere il racconto ancora più “divertente” ci sarebbe da ricordare che la comunità autonoma di Catalogna non esaurisce la rappresentazione geopolitica dei paesi catalani che comprende anche Andorra , buona parte dei Pirenei francesi e anche Alghero.

Il nuovo governo socialista, al potere dal giugno 2018, ha un atteggiamento leggermente più morbido nei confronti delle rivendicazioni della Catalogna, ma senza avere alcuna intenzione di cedere a pretese che potrebbero mettere in discussione la tenuta dell’intera Europa e che non avrebbero neanche un senso economico. A dicembre un consiglio dei ministri dello Stato spagnolo è stato tenuto a Barcellona.

Corea del Nord (patria degli hacker ) Anomalo caso di monarchia ereditaria, siamo alla terza generazione, comunista . Sopravvive grazie all’aiuto diplomatico e materiale di Pechino che impedisce il ripetersi di carestie che ci sono già state nel paese. Negli anni 90 almeno due milioni di persone sono morte di fame. La prospettiva di dover sfamare l’intera popolazione è forse quella che più trattiene la Corea del Sud dalla speranza di una riunificazione. Alla Cina fa comodo uno Stato cuscinetto rispetto all’Occidente rappresentato da Seoul. Oltre alla minaccia nucleare il regime pone al mondo anche quella degli hacker. Un’attività affiancata anche dalla stampa di valuta falsa in particolare dollari e dallo smercio di droga. La Corea del Nord è la più imponente potenza dell’hacking mondiale. Gli hacker sono istruiti dal Reconnaissance General Bureau, l’agenzia di intelligence nazionale attiva all’estero, l’omologo della Cia americana. Una volta pronti per l’impiego gli hacker vengono dislocati fuori dai confini, di norma nei paesi che hanno le migliori infrastrutture internet, da dove possono sferrare attacchi lasciando il minore numero di tracce possibili senza potere essere accostati in modo certo a Pyongyang . Una mossa che ha fatto scalpore è quella ai danni della Federal Reserve della Grande Mela. Ha contribuito a fare comprendere che serve a poco un caveau profondo 30 metri in cui stoccare oro e contante, se i ladri passano dai server (voce collegata sicurezza informatica ).L’attacco, avvenuto nel marzo 2016, proveniva dalla banca centrale del Bangladesh dove gli hacker si erano già infiltrati, usandola come utente certificato, per inserirsi nei flussi internazionali di denaro. Hanno inoltrato verso la banca americana richieste di trasferimento per un totale di 1 miliardo di dollari, 81 milioni dei quali trasferiti con successo.

ELEZIONI USA E’ noto che in USA si tengono ogni 4 anni le elezioni per la presidenza ed ogni due anni le cosiddette elezioni di mid term che rinnovano l’intera Camera, un terzo dei senatori ed una parte dei Governatori. L’affluenza alle urne non è alta ed le procedere legate alle elezioni non sono semplici come si potrebbe pensare; per dirne una, ogni elettore deve registrarsi perché non è automaticamente inserito nelle liste elettorali. Esistono poi numerose dispute sulla definizione dei collegi elettorali che, in base ad una procedura chiamata gerrymandering dal nome di chi l’ha usata per la prima volta, vengono spesso ridisegnati per condizionare il voto. Spostare un confine può voler dire fare in modo che alcuni elettori di cui ragionevolmente si sa la tendenza politica, magari per la loro appartenenza razziale, concorrano o meno a raggiungere una maggioranza in un collegio. Altra cosa da sapere è che il presidente non viene eletto dalla maggioranza dei voti espressi, ma dai grandi elettori che ogni Stato federale porta. Nella maggioranza degli Stati, ci sono soltanto due eccezioni, il metodo di voto è a maggioranza assoluta. Ogni Stato si vede aggiudicare un numero di grandi elettori pari al numero di deputati e senatori che mandano a Washington. In realtà il calcolo è da considerarsi arcaico in quanto ancora legato ai timori dei padri fondatori di non vedere tutelate le minoranze. Ormai siamo all’estremo opposto: è stato calcolato che la California, che per il proprio PIL avrebbe diritto di partecipare al G7, dovrebbe essere rappresentata da almeno 100 grandi elettori piuttosto che dai 55 che le sono riconosciuti. Si vota in un giorno feriale, di martedì e questo esclude quelli che non possono prendere un permesso lavorativo. Sono in discussione proposte di legge per garantire mezza giornata libera almeno ai lavoratori pubblici.

Franco CFA CFA sta per Comunità Finanziaria Africana. Nel 1962 un accordo tra la Francia ed i paesi francofoni dell’Africa ha portato alla nascita di un’area monetaria ancorata prima al Franco francese ed ora all’euro. Una moneta che copre circa 150 milioni di persone per 15 paesi non tutti ex colonie francesi e tutti liberi di uscire da questo meccanismo monetario. Il Madagascar lo ha fatto nel 1973. Questi paesi hanno depositato in Francia riserve per 14 mld di euro che vengono remunerate allo 0,75% annuo e che dovrebbero, comunque essere mantenute. Sono paesi che godono di un’inflazione assolutamente contenuta poco superiore al livello europeo mentre negli altri paesi africani si arriva anche ben oltre il 100%.

India E’ la più grande democrazia al mondo. Come Stato autonomo nasce nel 1947 anno in cui la corona inglese passò il potere ai due nuovi Stati: l’India ed il Pakistan. Il secondo venne creato per la minoranza musulmana che viveva in un clima di tensione con la maggioranza indù. Attualmente cresce ad un ritmo superiore al 7% annuo, ha toccato anche il 9%. Ha una classe media, da intendere in modo diverso rispetto ai parametri occidentali , stimata in 400 milioni di persone. Si pensa che nel 2035 possa diventare la terza potenza mondiale. Ha abbandonato il sistema delle caste al punto che l’attuale primo ministro proviene da una molto bassa. E’ una potenza nucleare per quanto la sua economia sia a macchia di leopardo con sacche di povertà estrema, più rilevanti di quelle cinesi, e Bangalore che fa concorrenza alla Silicon Valley. E’ stata vicina a Mosca, che ha formato tre generazioni di indiani, ma ha iniziato un percorso di avvicinamento agli USA dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Ha un forte scambio commerciale con la Cina per quanto formalmente sia ancora in guerra con Pechino. Sta rinforzando il proprio esercito che non vuole essere più soltanto un presidio territoriale e sta potenziando la propria marina militare. I confini orientali dell’India, a partire dal Kashmir, sono quasi tutti in stato di emergenza. La situazione demografica la vede molto favorita: meno del 10% della popolazione ha più di 65 anni. Di contro deve creare almeno 10 milioni di posti di lavoro per i propri giovani meglio se qualificati se vuole mantenere la forza che la caratterizza nel mondo dei servizi. Nella manifattura al contrario l’India è molto indietro al punto che pesa sul PIL per la metà di quanto accade in Cina. L’economia è trainata dai consumi che pesano per il 60% ed è un forte importatore di materie prime energetiche. Nel 1991 ha subito un crash finanziario da cui si è rialzata in cinque sei anni svalutando la rupia e con un prestito da parte di Londra, che ha voluto che 47 tonnellate di oro fossero portate presso la banca d’Inghilterra, e del Fmi .

Iran   Dal 1979 la monarchia ha ceduto il passo ad una repubblica islamica dove il clero Sciita ha un peso enorme. Esiste una società civile che vorrebbe esprimersi secondo i canoni occidentali conosciuti ai tempi dello Scià che periodicamente cerca di portare avanti dei movimenti di protesta. Esiste anche un forte movimento anti regime all’estero che ogni anno si riunisce a Parigi a fine giugno. Obama ha cercato di favorire un ricambio aiutando la parte di popolazione che auspicava un allentarsi delle tensioni; Trump è tornato indietro preferendo tornare ad un asse forte con l’Arabia Saudita. Una prima conseguenza del ritorno delle sanzioni e stato il riaccendersi dell’inflazione passata dal 2 ad oltre il 70%. Dal punto di vista della politica estera, il regime è sempre stato avversario di Israele , alleato della Siria e sostenitore di varie milizie tra cui gli Hezbollah in Libano. Il paese è al centro di un’area che probabilmente dovrà ancora subire delle scosse di assestamento per ristabilire i patti con cui i confini di buona parte di quella zona furono fissati dopo la prima guerra mondiale, il cosiddetto accordo Sykes-Picot . Un nuovo equilibrio che dovrà coinvolgere anche Russia, Turchia e Israele. L’Iran ha una forte presenza militare in Siria con la quale il regime intende rispondere alla netta inferiorità tecnologica nei confronti di Israele che potrebbe attaccare Teheran anche da lontano.

Qatar Un paese di tre milioni di abitanti estremamente ricco di gas naturale, di cui è il terzo produttore mondiale, governato da una monarchia paternalistica che era riconosciuta anche dal protettorato inglese, è indipendente dal 1971. Sede della principale base area statunitense nell’area destinata ad essere raddoppiata nei prossimi anni. Ha un ottimo rapporto con i turchi che hanno anche loro una base militare. E’ uscito dall’OPEC visto che i paesi del Golfo lo hanno isolato per sospetti legami col terrorismo. E’ rimasto , insieme alla Turchia, l’unico paese a dare asilo alla fratellanza musulmana rappresentante del cosiddetto islam politico contro cui l’Arabia Saudita e l’Egitto si stanno muovendo. Sede anche di Al Jazeera la principale emittente televisiva del mondo arabo.

TAIWAN Con appena 23 milioni di abitanti è una delle 4 tigri asiatiche che Pechino vuole ricongiungere alla madre patria prima che la situazione di un’indipendenza di fatto si trasformi in una di diritto. Non è riconosciuta dalla maggior parte delle nazioni: ospita soltanto 17 ambasciate tra cui quella del Vaticano, ma ha comunque notevoli rapporti commerciali sia con la Cina, dove indirizza il 30% delle sue esportazioni, che con il resto del mondo. Gli USA non hanno un’ambasciata, ma hanno recentemente aperto una rappresentanza culturale costata 250 mln di dollari ed esiste una forte lobby taiwanese al Congresso. La Cina si è divisa in due nel 1949 quando Chiang Kai-shek perse la guerra civile contro Mao e si rifugio a Taiwan dando vita alla “Cina nazionalista”. Il modello che Pechino vorrebbe proporre per la riunificazione è quello di Hong Kong che non è però molto apprezzato nella sua reale evoluzione dalla partenza degli inglesi. Recentemente il presidente Xi ha detto che nell’ambito del suo mandato, ormai da intendersi a vita, intende riunificare la Cina.

Turchia ( una realtà complicata ) La moderna Turchia nasce, sotto la forma di repubblica, nel 1923. L’anno precedente, con la deposizione di Maometto sesto, era terminato l’impero ottomano nato all’inizio del 1300. La repubblica nacque grazie all’azione di Kemal, detto Ataturk, che con un governo insediato ad Ankara riuscì a sconfiggere i greci e a sottrarre la Turchia alle imposizioni dei trattati di pace legati alla disfatta turca nella prima guerra mondiale. Ha governato la Turchia per oltre venti anni. Tuttora nel giorno e nell’ora della sua morte la Turchia si ferma, letteralmente metropolitane comprese, per un minuto di silenzio. La sua figura viene utilizzata, sia da chi ne valorizza la figura di difensore dell’ordine sociale, sia da chi ama ricordare la sua laicità e la sua opposizione alle potenze occidentali che dopo la prima guerra mondiale occuparono l’Anatolia. In Turchia ci sono stati 5 colpi di Stato militari (senza contare quello del 2016!) di cui due, come dire, moderni: i militari hanno fornito indicazioni sulle cose da fare per evitare il loro intervento. L’attuale regime di Erdogan non è certo il massimo della democrazia, ma va detto che nei primissimi anni 80, con l’ultima dittatura militare, esisteva una lista nera che comprendeva quasi un milione e settecentomila nomi e che negli anni 80 e 90 molti giornalisti furono uccisi. Tutti i sabati si riuniscono ancora le cosiddette madri del sabato che non sono altro che un duplicato di quelle argentine di Placa de Mayo. Ha cercato, nei primi anni 90, in cui l’attuale presidente Erdogan ha iniziato ad avere potere, di avvicinarsi all’Europa , ma non è stata accettata nell’unione europea nonostante gli sforzi fatti tra cui l’abolizione della pena di morte. Nel 2019 si attende una crescita economica molto contenuta: vicino allo zero dopo il 3, 5% del 2018 ed il 7,4% del 2017. Sta portando avanti molti investimenti pubblici ed appare un paese moderno. Ha appena aperto una centrale nucleare e sta per inaugurarne altre due. E’ dipendente dall’Iran per buona parte delle sue forniture energetiche. Appartiene alla NATO per quanto ultimamente i rapporti con gli USA siano diventati più complicati al punto che ha ordinato ai russi un sistema di difesa area (AS400). Al proprio interno da sempre deve gestire la minoranza curda. Ha ottimi rapporti con Qatar e con l’islam politico.

Venezuela ( crisi ) Il Venezuela, Paese di 32 milioni di abitanti, era arrivato, negli anni 60, ad essere il paese più ricco in America Latina con un PIL pro capite pari all’80% di quello degli USA. Attualmente è intorno al 30%, l’inflazione potrebbe presto raggiungere il diecimila per cento. Il 90% del cibo deve essere importato , il 10% della popolazione è fuggito all’estero. Sebbene di scarsa qualità, il Venezuela ha enormi riserve di petrolio: alla fine del 1990 estraeva 3,5 milioni di barili al giorno scesi ad 1,3 lo scorso anno e destinati ad essere dimezzati nei prossimi due anni a causa della mancanza di manutenzione e di investimenti. Il governo ha imposto controlli sui prezzi al punto che le merci hanno dovuto essere vendute in perdita, ha imposto agli statali di andare al lavoro solo due giorni a settimana per risparmiare energia elettrica. A gennaio il presidente Maduro ha inaugurato un secondo mandato dopo elezioni che praticamente tutta la comunità internazionale non ha riconosciuto, con l’eccezione di quei paesi che hanno fatto ingenti prestiti al regime quali Russia e Cina insieme a Cuba che riceve aiuti da Caracas. Quando il regime, che gode anche dell’appoggio turco, cadrà, l’intero paese dovrà essere ricostruito. Attualmente è controllato dai militari, tra i quali Maduro ha nominato un numero spropositato di generali, che occupano i posti di potere economico, ma hanno trasformato la nazione in una base di appoggio del narcotraffico in fuga dalla Columbia. Il petrolio venezuelano è presente in una fascia di 54.000 chilometri quadrati lungo il fiume Orinoco. Grazie alle tecnologie esistenti potrebbe, comunque essere sfruttato se il paese disponesse della necessarie strumentazioni. Secondo l’annuario della BP le riserve del Venezuela sarebbero persino superiori a quelle dell’Arabia Saudita che ha, comunque, un petrolio più leggero ed estrae 10/11 milioni di barili al giorno. Il petrolio di Caracas, definito extra pesante con una consistenza simile alla melassa, che ne rende difficile il passaggio negli oleodotti, viene raffinato in alcune raffinerie del Texas nonostante le pesanti sanzioni cui il regime è sottoposto. E’ l’unico petrolio che il regime vende, infatti quello che va in Cina ed in Russia ripaga i prestiti ottenuti.