Cosa succede sui mercati – 21 dicembre 2018

Gaetano Chierici (1838-1920): PATATRAC. L’accordo sulla Brexit, al momento, vede una premier che ha rinunciato al previsto voto di ratifica a Westminster, per non essere sconfitta, e ha chiesto ai partner un aiuto che non ha avuto.

Theresa May non è riuscita a trovare una maggioranza utile a ratificare l’accordo raggiunto per lasciare l’Europa. Il nodo principale resta quello irlandese. Le tensioni legate ad Huawei (ed al 5G). La manovra italiana è stata approvata dall’Europa, rimangono, comunque dei problemi. Prospettive per il 2019.

L’ambasciatore irlandese a Roma, a dicembre, ha iniziato un intervento di fronte alle Commissioni riunite esteri e politiche europee partendo dalla guerra dei 9 anni, tra il 1594 ed il 1603, al termine della quale molte terre settentrionali irlandesi furono assegnate a protestanti inglesi e scozzesi, i progenitori degli attuali unionisti.

Ha poi ricordato che, a breve, sarà festeggiato il centenario dell’elezione che avrebbe fatto nascere, pochi anni dopo, la Repubblica d’Irlanda e che due anni fa c’è stato quello della rivolta di Pasqua. Ha infine rimarcato come la comune adesione all’Unione Europea abbia reso possibile arrivare agli accordi del Venerdì’ Santo del 1998. Accordi che hanno fatto sì che un confine lungo 500 km non fosse più pattugliato con elicotteri e mezzi blindati, che hanno stabilito che ci possa essere in futuro un referendum dove decidere cosa fare e che sarà possibile anche avere una doppia cittadinanza. La May ha cercato di ottenere dall’Europa una rivisitazione delle cosiddetta clausola di backstop che prevede che non venga mai ristabilito un confine in Irlanda, ma non è stata accontentata. Il prossimo voto a Westminster dovrebbe tenersi dopo il 7 gennaio. Va tenuto presente che il parlamento inglese prevede un intesa entro il 21 del prossimo mese altrimenti scatterebbe in automatico il no deal che, va sottolineato, non contempla il periodo di transizione che varrebbe solo in caso di accordo sulle modalità di uscita. Altra cosa da evidenziare è che se l’Inghilterra non avrà raggiunto un accordo per uscire entro il 29 marzo dovrà partecipare alle elezioni europee. Immaginare come possa andare a finire è davvero complicato! Londra non ha in realtà convenienza a prendere le varie strade alternative all’Europa che ogni tanto vengono citate. Sicuramente c’è una cultura comune con gli USA, qualcuno fa notare che il personale dell’ambasciata di Londra a Washington è circa 4 volte quello delle altre capitali europee, ma resta il fatto che il Regno Unito esporta verso Washington per 50 mld di sterline e verso l’Europa per oltre 300. Si parla anche di opzione norvegese, ma la Norvegia non partecipa alle decisioni in Europa: le subisce. Inoltre Londra dovrebbe accettare la libera circolazione delle persone ovvero rinunciare a controllare l’immigrazione. Un secondo referendum è un’opzione che potrebbe far guadagnare terreno anche se non è detto che possa portare ad un risultato diverso dal primo. Ci sono anche problemi ad individuare la domanda che andrebbe eventualmente posta agli elettori nonché dubbi sull’opportunità o meno di sottoporre una simile questione a referendum; qualcuno, ad esempio, ricorda come in Australia queste consultazioni debbano conseguire anche una maggioranza nelle diverse regioni del Paese.

I rapporti tra Washington e Pechino, dopo aver visto un esito positivo dei contatti al G20 in Argentina hanno subito, come dire, interferenze, almeno formalmente, di natura giudiziaria.

Come è noto gli USA hanno fatto fermare in Canada la direttrice finanziaria, nonché figlia del fondatore, di Huawei. Ufficialmente le due parti dichiarano di voler tenere separate le trattative sui dazi da questo incidente. Vale giusto la pena di segnalare che Pechino ha arrestato, negli ultimi giorni, due cittadini di Ottawa.

Per capire meglio bisogna considerare che Huawei è uno dei principali fornitori di infrastrutture per la rete 5G che, entro pochi anni(*), rivoluzionerà il nostro modo di vivere. Esistono tensioni per la possibilità che essere produttori della rete possa permettere ai cinesi di rubare dati e segreti industriali. Australia e Nuova Zelanda hanno già annunciato che non si serviranno della azienda cinese per costruire le loro reti 5G. Huawei è privata, ma solo formalmente: il suo fondatore era un ufficiale dell’esercito e soprattutto va considerato che in Cina qualsiasi forma di finanziamento, direttamente o indirettamente, fa capo al governo.

La tecnologia cinese, nonostante i timori di furto da parte di Trump, è ormai abbastanza affermata e nelle applicazioni concrete è forse già davanti a Washington anche perché l’enorme numero di abitanti e l’assenza di una severa normativa sulla privacy consente di portare avanti ampie sperimentazioni nei big-data. Da ricordare che il 90% dei dati presenti negli archivi informatici è stato creato negli ultimi due anni e che solo una parte infinitesimale viene analizzata per ora.

Il 5G rappresenta il volano di un’innovazione che farà compiere all’umanità un passo avanti verso un mondo dove tutte le macchine saranno in rete e dialogheranno tra loro. Secondo una stima di Qualcomm entro il 2035 il volume d’affari che ruota attorno al 5G sarà già pari a 12,3 trilioni. Il 5G, grazie alla maggiore potenza e alla minore latenza, permetterà di fare cose finora impensabili: come ad esempio i concerti diffusi ossia musicisti che suonano da diversi continenti come se fossero in una stessa stanza; sarà possibile guidare una macchina da remoto e vedere auto dialogare senza pericolosi ritardi con le infrastrutture che le circondano. Come ultimo esempio citiamo le fabbriche in cui i cavi scompariranno ed ogni braccio meccanico sarà autonomo, pur parlando con gli altri, e potrà essere controllato per evitare guasti.

Al G20 si è parlato di una tregua di 90 giorni per individuare un accordo sui dazi. Un accordo a cui il presidente cinese non ha fatto nessun riferimento, pochi giorni fa, nel celebrare il quarantesimo anniversario dall’apertura delle riforme lanciate da Deng Xiaoping il 18 dicembre del 1978 quando Pechino aveva forti difficoltà economiche. Le cronache riportano piuttosto il riferimento ad una storia che dura da 5.000 anni e ad una popolazione di 1,3 miliardi di persone che non ha bisogno di maestri.

Alcuni analisti ritengono possibile che si possa trovare una soluzione sui dazi, magari per non disturbare le Borse, ma che la guerra per arrivare primi nell’intelligenza artificiale sia ormai partita. Esistono inoltre tensioni di carattere militare nel mar cinese meridionale dove un incidente è sempre possibile nei pressi delle isole artificiali costruite da Pechino.

I dazi possono disturbare l’economia cinese che, comunque ha già reagito abbassando i tassi che aveva alzato nel 2017. Più in dettaglio lo SHIBOR nel 2017 era stato alzato di 200 punti base e nel 2018 è stato abbassato per un importo maggiore in contemporanea con un taglio dei tassi di riserva obbligatoria imposta alle banche di 2,5 punti percentuali.


Morgan Stanley parla di tre possibili modalità di atterraggio rispetto all’attuale ciclo espansivo. La più probabile è quella morbida che, come abbiamo detto altre volte, presuppone che la FED non perda il controllo dell’inflazione. A Dicembre 2018 c’è stato un nuovo rialzo dei tassi USA che ora sono al due e mezzo per cento. Nel 2019 ne sono previsti almeno altri due da parte di autorità monetarie che cercano di avere a disposizione strumenti per fronteggiare la prossima crisi.

Roma ha trovato un accordo con la Commissione europea anche se, forse, sarebbe più corretto dire che ha raggiunto una tregua. Una tregua perché, teoricamente, c’è tempo fino all’inizio di febbraio per sanzionare l’Italia qualora la manovra dovesse essere cambiata nel prossimo iter legislativo e, soprattutto, perché per poter finanziare alcune misure dal 2020 potrebbe esserci un aumento dell’IVA fino al 26%.

(*) I primi apparecchi compatibili per il 5G sono già in vendita, ma per la realizzazione di un mondo connesso è probabile che si debba aspettare almeno un decennio. Nell’attesa ci saranno solo alcuni quartieri in un ristretto numero di città in grado di vedere la nuova tecnologia funzionare. Il problema principale è legato alla necessità di installare un elevato numero di ripetitori. La maggiore velocità e la minore latenza (intervallo di tempo tra quando un segnale parte ed arriva) sono possibili grazie all’uso di frequenza più alte e, quindi, di lunghezze d’onda più brevi che richiedono di installare molti più ripetitori di quelli necessari per il 4G.

G.G e M.R.

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