Il Gioco del Premier (prima parte)

Con questo primo articolo vogliamo proporre un gioco: suggeriamo ai nostri lettori di provare a fare il Premier, di mettersi cioè nei panni di un ipotetico Primo Ministro alle prese con la gestione economico/finanziaria del suo paese (sembra un gioco molto popolare in questo periodo: i media ed i social sono zeppi di partecipanti a questo gioco).

Tuttavia per poter giocare occorre conoscere le regole del gioco. Ci prefiggiamo in questo primo articolo di iniziare ad analizzare le basilari regole di funzionamento prendendo a prestito dalla vita reale i veri meccanismi macroeconomici ed applicandoli alla nostra simulazione non senza averli enormemente semplificati.

Per iniziare dobbiamo in qualche modo definire una serie di “oggetti” che il Premier deve saper maneggiare: parleremo di PIL, di Deficit, di Avanzo Primario e di Debito. Ci soffermeremo in particolare sul PIL e sul debito pubblico Italiano con le nostre semplici considerazioni data l’attualità del tema.

Nel prossimo articolo andremo ad analizzare la questione del debito pubblico e le tendenze di medio e lungo periodo del PIL .

Definiamo subito Deficit, Avanzo Primario e Debito: per Deficit, relativamente al bilancio dello Stato, si intende “eccedenza del passivo sull’attivo”, ovvero il fatto che le spese sono maggiori delle entrate all’interno del bilancio totale. Incasso 100, spendo 120, il mio deficit è 20.

Significa che ho bisogno che qualcuno mi presti del denaro per poter riportare il bilancio in equilibrio.

All’interno del bilancio di uno Stato una delle spese più sotto osservazione è quella degli interessi sul Debito Pubblico, che non è altro che il totale delle somme prese in prestito da soggetti terzi (nazionali o internazionali); tipicamente sono i cittadini, le Banche, le Imprese.

Riconsideriamo il Bilancio (Entrate-Spese) ma alle spese togliamo quelle pagate per gli interessi sul debito: avremo il Saldo Primario, cioè il bilancio depurato dagli interessi. Se negativo viene detto Disavanzo Primario, se positivo viene chiamato Avanzo Primario.

Quello che non molti sanno è che il Saldo Primario dello Stato Italiano è positivo da oltre 25 anni!

( dati MEF: http://www.mef.gov.it/inevidenza/article_0045.html)

Riassumendo:

Debito = debito dello Stato nei confronti soggetti economici terzi.

Avanzo Primario = saldo positivo di Bilancio (Entrate maggiori delle Spese)

Deficit = eccedenza del passivo sull’attivo

(nel caso dell’Italia dovuto SOLO per il pagamento degli interessi

Definiamo ora, al solito semplificando, il PIL. In macroeconomia il Prodotto Interno Lordo, misura quanta ricchezza viene generata all’interno dei confini di una nazione nell’arco di un anno. In qualche modo il PIL simboleggia la capacità di una collettività nazionale di generare ricchezza, di aumentare il benessere ed in qualche modo misura il livello di sviluppo o progresso della nazione stessa. Il termine PIL è tradotto GDP (Gross Domestic Product) in inglese.

E’ definito dalla seguente espressione:

PIL = C + I + G + BC (X-M)

PIL = Consumi + Investimenti (privati) + Spesa pubblica (Government) + saldo Bilancia Commerciale (eXport – iMport)

Fissata la definizione possiamo ora metterci nei panni di un ipotetico Primo Ministro che intende far crescere il benessere della sua nazione. Quali sono le leve che si possono muovere per favorire un aumento del PIL?

Iniziando dagli ultimi termini (BC = X-M), si può tentare di aumentare le esportazioni e diminuire le importazioni.

Sono innumerevoli i fattori che influenzano le esportazioni e le importazioni (citiamo: facilità/capacità di approdo in un mercato estero, i costi di trasporto e di logistica, il tasso di cambio delle valute, etc.). Questi fattori non sempre sono governabili.

Per esempio è possibile pensare di rafforzare gli enti preposti ad aiutare le aziende ad esportare le merci (come l’ICE ad esempio) ma nulla si può fare sulle norme che gli stati esteri hanno adottato per regolamentare le loro importazioni.

Discorso diverso sui prodotti da esportare. Per prodotti semplici, facilmente replicabili, la competizione sarà sul prezzo e la concorrenza sarà difficilmente contrastabile con tutti quei paesi dove i costi di produzione sono nettamente inferiori (pensiamo alla Cina). Se invece ci focalizziamo su prodotti di qualità o dove il know how è maggiore, allora è possibile battere i competitor (pensiamo al Made in Italy).

Quindi una leva per aumentare le esportazioni è legiferare per favorire le aziende che possano produrre merci competitive.

L’altro elemento da sviluppare sono i Consumi interni che, di norma, nelle economie sviluppate, sono la parte dominante del PIL (circa il 60% in Europa, il 70% in USA).

Ed allora ci chiediamo: come si rilanciano i consumi?

Detto in maniera semplice occorre avere più persone che lavorano (ogni persona che lavora ha un reddito disponibile che si tramuta, in parte, in consumi), ovvero aumentare l’occupazione; ma questo di per se non è sufficiente in quanto le persone neo assunte (e tutti gli altri) devono anche avere fiducia nel futuro, altrimenti mettono i remi in barca e non spendono (le aspettative contano molto). Che la fiducia costituisca un elemento fondamentale per la crescita è un fatto accettato universalmente: influenza le aspettative dei consumatori e degli imprenditori circa il futuro andamento dell’economia e influisce fortemente sulle scelte economiche (spese future e/o investimenti).

Infine il nostro Premier dovrebbe tener conto che una popolazione che invecchia tende a consumare di meno (e i consumi cambiano).

E cosa si può fare con gli Investimenti dei privati?

Per favorire gli investimenti (che pesano per circa il 20% del PIL) è necessario che l’imprenditore trovi tutti i presupposti per poter investire: velocità della burocrazia (in Danimarca ed in Nuova Zelanda bastano un paio di giorni per completare le pratiche di apertura di una nuova impresa), certezza del diritto e dei suoi tempi, infrastrutture moderne, reti digitali di ultima generazione, stabilità politica, agevolazioni per neo imprese, etc.

In sostanza occorre creare un ambiente amichevole all’impresa, favorire l’accoglienza da parte della Pubblica Amministrazione che non deve essere un freno all’iniziativa imprenditoriale, ma un partner che accompagni l’imprenditore alla formazione della sua nuova impresa.

E’ evidente che al di là delle agevolazioni il resto prevede cambiamenti almeno di medio periodo.

Va detto che, in generale, in molte parti del mondo, questo non è un bel momento per gli investimenti.

Nonostante il credito sia più disponibile rispetto al passato (siamo al saving glut = abbondanza di risparmio rispetto agli investimenti): si scopre che, in questo periodo, spesso gli imprenditori non investono perché non hanno progetti in cui investire (che siano redditizi) nonostante ci siano ingenti somme a disposizione!!

Per esempio Apple ha 200 miliardi di dollari di riserve cash (tanto che si dice che Apple è il più grande fondo obbligazionario al mondo) che NON sta usando! Se Apple, che tipicamente è un’azienda a cui si riconosce la capacità di guardare avanti, non ha progetti, vuol dire che neanche loro sanno più dove mettere somme in nuovi investimenti.

A riprova di questo è noto che in questo periodo le azienda stanno effettuando operazioni di buy back; appare evidente che se una azienda fa il buy back, vuol dire che non ha altro su cui investire….

Rimane la spesa pubblica G.

Sembrerà strano, ma è proprio così: aumentando la spesa pubblica si aumenta il PIL. Ma specifichiamo meglio cosa significa questa frase.

Parliamo dell’Italia. Il Pil Italiano è circa 1900 Mld (1935 Mld nel 2017 con un debito nello stesso anno di 2256 Mld). Quant’è la spesa pubblica? Siamo intorno agli 830 Mld nel 2017, quindi un po’ meno della metà del PIL (43%).

Una parte di G è però fatta di trasferimenti, cioè pensioni e stipendi: i trasferimenti non producono un innalzamento diretto del PIL se non quella parte che si trasforma in Consumi e che quindi è contabilizzata altrove.

La parte di G che influisce sul PIL è dunque quella che riguarda solo le spese dirette.

Riassumendo, al di là dei trasferimenti, una gran fetta del PIL Italiano lo fa lo Stato (questo vale anche all’estero, come per esempio in Francia, ma meno in Germania ed ancor meno negli USA).

Vale la pena di notare che la spending review (il taglio della spesa pubblica) ha un impatto negativo sul PIL. Pertanto, volendo incrementare la ricchezza generata dal paese, forse è meglio ottimizzare la spesa anziché tagliarla.

Siamo arrivati alla fine di questa semplice disamina dell’equazione del PIL su cui il nostro Primo Ministro deve cercare di agire:

PIL = Consumi + Investimenti + Spesa pubblica G + eXport – iMport

Riassumendo (sempre nell’ottica della semplificazione) le leve (a breve) sono:

– più lavoro (che si traduce in più Consumi)

– più supporto alle nuove imprese (per stimolare Investimenti)

– maggiore spesa pubblica possibilmente ottimizzando quella presente e quella nuova (G)

– merci da produrre più competitive (più esportazioni X, meno importazioni M)

– più fiducia nel futuro (a parità di altri numeri, aumentare la fiducia produce un aumento del Pil!)

Ma attenzione:

  • cambiare la spesa pubblica o le imposte potrebbe essere tutt’altro che facile;

  • le risposte alla manovra di consumo, investimento e importazioni sono davvero difficili da valutare con certezza;

  • ridurre le imposte o aumentare la spesa pubblica potrebbe generare grossi disavanzi di bilancio e portare all’accumulazione del debito pubblico;

  • le aspettative contano tantissimo (e quindi la comunicazione degli organi di governo conta moltissimo);

M.R. e G.G.

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