Cosa succede sui Mercati – 6 Maggio 2019

 

Giuseppe ARCIMBOLDO (1527-1593): CESTO DI VERDURE O GIARDINIERE. Molti economisti parlano di dati che si prestano a due letture diverse. Lo scenario più gettonato rimane quello di un’economia sostenuta da bassi tassi di interesse anche se non manca chi parla di un ciclo di espansione prossimo alla fine.

Il numero di occupati statunitensi ha superato al rialzo le aspettative ed altrettanto hanno fatto la crescita USA e l’andamento degli utili aziendali. Gli ottimisti parlano di una situazione ideale, garantita da un’inflazione assolutamente contenuta, che certamente potrebbe cambiare in seguito ad interferenze esterne, ma che, nel frattempo, è bene sfruttare! I pessimisti tendono più a descrivere l’evoluzione dei possibili scenari negativi che vedremo brevemente. Il punto sulla Brexit. Il 4 maggio 1919 in Cina.

Ad aprile negli USA sono stati creati 236.000 nuovi posti di lavoro ed il tasso di disoccupazione è sceso al 3,6%, il PIL del primo trimestre è cresciuto del 3,2% e gli utili aziendali, per ora dichiarati da circa il 50% delle aziende, hanno battuto le aspettative, che parlavano di calo, riportando una crescita. Merril Lynch fa notare come la crescita dei salari non abbia generato pressioni inflazionistiche in quanto più che bilanciata da un incremento d i produttività. Lo spiega parlando di scarsità di forza lavoro, per ragioni demografiche, che induce ad un aumento degli investimenti, di forza del dollaro che, parimenti, porta le aziende ad intraprendere azioni tese a recuperare lo svantaggio per le esportazioni e, infine, di fiducia nella crescita di lungo termine che, di nuovo, favorisce gli investimenti. Chi ha, invece, paura che i mercati possano tornare a correggere, come e più di quanto abbiamo visto alla fine dello scorso anno, ricorda che questo è il più lungo mercato rialzista dal secondo dopoguerra. Una critica a cui viene risposto precisando che alla lunghezza temporale non corrisponde analoga espansione dei guadagni conseguiti. I pessimisti affondano il colpo parlando di un indebitamento globale eccessivo. Citano anche il mercato delle obbligazioni corporate in dollari il cui valore è pari oggi a 6.400 miliardi, contro la metà di 10 anni fa, di cui 3.200 con rating BBB, poi ricordano come lo squilibrio nello stato di salute delle finanze pubbliche tra i paesi europei renda problematico portare avanti l’integrazione europea. Qualcuno fa notare come il Portogallo abbia un rating leggermente peggiore di quello italiano ed uno spread di 110 punti contro i 253 dell’Italia ( chiusure del 3 maggio). Il timore più ragionevole appare essere quello di un errore di politica monetaria. La situazione del mercato del lavoro potrebbe indurre nuovamente la FED a preoccupazioni eccessive come è successo a dicembre. Inoltre sono molti i fronti da cui potrebbe arrivare la scintilla che porti i mercati, come dire, a concentrarsi sul fatto che sono più di 10 anni che le quotazioni salgono! A quel punto, giusto per fare due esempi, la curva dei tassi, non più invertita, ma comunque piatta, tornerebbe ad indicare una recessione in arrivo e non più l’assenza di inflazione e la voglia di investire per aumentare la produttività grazie alla fiducia nell’economia potrebbe venire meno. I fronti, noti, da cui potrebbe scaturite la scintilla sono le tariffe commerciali di Trump, imposte alla Cina e minacciate all’Europa, la crescita cinese ed il ciclo economico statunitense. Su tutti i fronti lo scenario base è quello che non prevede problemi, la Brexit, ci torneremo brevemente, è persino sparita dal quadro dei rischi principali.

Per gli USA UBS ha elaborato questo grafico per indicare la probabilità di una recessione negli USA nei prossimi 1,2 e 3 anni: molto bassa per i primi 12 mesi e poi in crescita. Una stima che, ovviamente, può essere smentita basata essenzialmente sull’aspettativa di fine dell’attuale ciclo espansivo. Più in dettaglio possiamo ricordare che la FED è tornata ad alzare i tassi a dicembre del 2015 e nel 2018 li ha aumentati per 4 volte portandoli dallo 0,25% al 2,5%. Al momento la produttività sta salendo più dei salari, se le cose dovessero cambiare la Fed potrebbe dover tornare ad alzare i tassi (*) disturbando la crescita. Un altro elemento su cui gli analisti stanno tenendo accesi i riflettori è il mercato delle obbligazioni corporate quelle usate dalle aziende come canale alternativo al finanziamento bancario. Abbiamo già visto come sia molto cresciuto negli ultimi anni, eventuali difficoltà dell’economia potrebbero impedire a qualche azienda di restituire i soldi avuti in prestito. L’indicatore più adatto a monitorare la situazione è il Federal Reserve loan officer survey elaborato ogni 4 mesi in base alla risposte dei direttori finanziari.

P er quanto riguarda le tensioni commerciali Trump rimane imprevedibile, prima del colpo di scena delle ultime ore sembrava che si potesse annunciare un accordo con Pechino al G20 di Osaka a fine giugno, se non prima. Una decisione definitiva circa le tariffe per le auto europee, si legga tedesche, dovrebbe essere presa entro il 18 maggio. La sensazione degli analisti è che alla fine Trump rinuncerà: esiste uno scarso consenso verso un provvedimento che, diversamente da quelli contro Pechino, andrebbe a colpire degli alleati e sarebbe, come nel caso di alluminio e acciaio, preso forzando le regole del WTO parlando di minacce alla sicurezza nazionale. Va anche detto che, per quanto poi la misura sia suddivisa in modo forse complicato tra auto, suv e camion, i dazi all’ingresso in Europa sono del 10% e quelli all’ingresso in USA del 2,5%.

Il rallentamento cinese è quello che preoccupa meno in quanto Pechino ha dimostrato diverse volte di saper rilanciare la propria economia altri tagli dei tassi sono già attesi nel corso dell’anno. Ovviamente Pechino potrebbe subire conseguenze da una guerra commerciale. Guerra che secondo le ultime indicazioni provenienti da Washington verrebbe portata avanti anche per fronteggiare una civiltà diversa da quella occidentale. Un atteggiamento quest’ultimo, come dire, poco diplomatico e probabilmente controproducente che trova, comunque una base di appoggio nella realtà cinese. Giusto in questi giorni si celebrano i 100 anni dal 4 maggio 1919 quando la popolazione scese in piazza contro gli accordi di Versailles in cui le potenze occidentali non accettarono la richiesta cinese di avere un territorio che fu, invece, assegnato al Giappone. In realtà quel movimento ha anche dei collegamenti con la piazza di Tienanmen, ma ovviamente, il Partito ha evidenziato solo gli aspetti nazionalisti di quella protesta. Esistono poi importanti asimmetrie basti pensare che i cinesi possono partecipare agli appalti pubblici in Europa ma non concedono la stessa possibilità. Gli investimenti cinesi all’estero sono per lo più acquisizioni mentre in Cina gli stranieri fanno molti investimenti che partono da zero, dal cosiddetto prato verde.

T ra i fattori di rischio rimangono ovviamente la Brexit ed il bilancio italiano per quanto siano diventati, come dire, meno pressanti: entrambi potenzialmente rimandati ad ottobre. Per quanto riguarda la Brexit l’Europa ha concesso a Londra un’applicazione flessibile dell’art 50 sino al 31 ottobre: ha tempo fino a quella data, ma se esce prima se ne prende atto. E’ anche prevista la partecipazione di Londra alle elezioni europee anche se qualcuno ha persino ipotizzato di prolungare il mandato dell’attuale commissione per evitare che Londra nomini, eventualmente, un commissario. I nodi da affrontare rimangono gli stessi e la confusione all’interno dei partiti, se possibile, è aumentata dopo il risultato di alcune elezioni locali. Circa l’Italia i mercati attendono ormai di vedere come sarà scritta la prossima legge di bilancio per la quale rischiamo seriamente di “non avere niente da metterci”. Avendo parlato molto dell’inflazione non possiamo prescindere dall’andamento del prezzo del petrolio che è si è mosso al rialzo dopo che gli USA hanno aumentato il numero di paesi a cui proibire, grazie al ferreo controllo dei circuiti bancari di cui godono, l’acquisto di greggio iraniano. E’ probabile che USA ed Arabia Saudita riescano a bilanciare la ridotta produzione iraniana, per altro moliti paesi tra cui l’Italia avevano già interrotto i flussi, anche se solo l’Arabia Saudita ha la capacità di intervenire immediatamente, gli Usa intervengono tramite giacimenti che hanno tempi tecnici per ripartire. I pessimisti sostengano che per l’Arabia non sia così semplice aumentare la produzione dati gli accordi con gli altri produttori in particolare con la Russia. Ad ottobre Riyadh aumentò già la produzione, ma era più sotto pressione per la crisi con la Turchia. Infine è giusto citare le prossime elezioni europee nelle quali, secondo i sondaggi, i due attuali partiti maggiori perderanno terreno, ma dovrebbero riuscire a formare una coalizione con un terzo gruppo preso tra quelli a favore dell’Europa. Ai partiti anti establishment non dovrebbe andare più del 30% dei seggi.

(*) Si è anche parlato di calo dei tassi. Lo chiede Trump, in realtà al momento sarebbe visto come un elemento di debolezza: un segnale di un serio problema congiunturale.

G.G e M.R.

Questo articolo si basa su dati di pubblico dominio ritenuti attendibili, ma suscettibili di modifiche improvvise. Intende soltanto proporsi come ausilio alla comprensione dei movimenti dei mercati finanziari. Non vuole essere in alcun modo uno strumento di analisi o uno studio, né intende sollecitare qualsiasi operazione di compravendita di prodotti finanziari. Si ricorda che ogni risparmiatore deve basare le sue decisioni d’investimento su una propria convinzione. Questo Blog si limita a presentare una sintesi delle opinioni diffuse sui mercati finanziari.

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