Cosa succede sui mercati – 11 Marzo 2020

Paul-Charles Chocarne-Moreau (1855 – 1931): TE LO AVEVO DETTO. Al momento lo scenario globale si sta rapidamente evolvendo ed i pessimisti potrebbero avere ragione.

La speranze di una scenario a V ( rimbalzo rapido) appaiono ormai limitate, potrebbe essere ad U ( lento recupero ) o anche ad L … ! La FED ha diminuito i tassi di mezzo punto al di fuori delle riunioni programmate per fronteggiare l’emergenza e probabilmente continuerà. Le primarie statunitensi sembrano aver lanciato Biden. L’Arabia Saudita ha tagliato i prezzi del petrolio.

L’OMS ancora non parla di pandemia, si usa questa definizione quando un’epidemia colpisce il mondo intero. Ilaria Capua, una nota virologa italiana responsabile di un importante centro di ricerca in USA, dice che a questo punto pochi giorni non fanno la differenza…(§) !

Una nota di Goldman Sachs parla di tre scenari, è il numero perfetto : il mercato può salire, scendere o rimanere fermo ! Nello specifico e, sperando che perdoniate la facile battuta, presenta i soliti tre scenari collegandoli alle possibili evoluzioni del numero di nuovi casi di persone colpite dal virus. Al momento la nota casa di investimento ritiene che i mercati siano concentrati sugli scenari peggiori, ma raccomanda di non cedere al panico in quanto ritiene che, se la crisi sanitaria trovasse una soluzione nella prima parte dell’anno, i danni economici potrebbero essere contenuti con il Pil cinese che scende dal 5,8 a 5,3 per cento nel 2020. Morgan Stanley si associa sostenendo che, se ci fosse un picco della malattia entro metà maggio, nel terzo trimestre potrebbe esserci una ripresa dell’economia. Il problema principale delle previsioni è che tutte presentano quella che potremmo definire una backdoor, una sorta di clausola cui richiamarsi per presentare rapidamente uno scenario diverso! D’altra parte non possiamo neanche dimenticare che basta rimanere fuori dai mercati azionari per pochi giorni, giusto allo scopo di catturare un trend ribassista sperando di ricomprare a prezzi più bassi, per giocarsi una performance che alla fine risulta positiva.

I n ogni caso, prima di provare a presentare una conclusione, analizziamo le ragioni dei pessimisti che cominciano parlando di una crisi cominciata dalla parte dell’offerta (non si producono più macchine perché non arrivano i pezzi e quindi non si possono comprare), ma che può trascinare la domanda. Qualcuno comincia a presentare stime di crescita per il PIL mondiale pari al 2,4% o persino della metà. Una crescita globale inferiore al 2,5% comporterebbe una grave recessione in Europa ed in Giappone. Secondo questo schema i costi diretti della crisi rappresentati fino a pochi giorni dovrebbero essere triplicati a causa di effetti indiretti che potrebbero essere determinanti a livello di perdita di fiducia e di credit crunch. La risposta, fin qui vista, alla crisi continua a rimanere sulle spalle della politica monetaria, ma è ovvio che dovrà “farsi avanti” anche quella fiscale. Questo articolo dello Spiegel parla di 50 mld di euro che la Germania avrebbe a disposizione perché accantonati senza poi essere utilizzati per la crisi dei rifugiati. Suggerisce di usarli per pagare i dipendenti costretti a rimanere a casa. Evidenzia anche come molte aziende possano andare in crisi per mancanza di liquidità così come qualche banca potrebbe avere problemi per prestiti non rimborsati. Ricorda anche come un ulteriore ribasso dei tassi potrebbe semplicemente danneggiare le istituzioni finanziarie in salute senza aiutare chi è in difficoltà. Riemergono anche le preoccupazioni di chi considera, già da tempo, a rischio il settore corporate dove si stima che almeno un 25% di emittenti stia in piedi solo per i tassi bassi senza essere in grado di fronteggiare un eventuale crisi di ordini. L’articolo aiuta inoltre a riflettere su come le cose potrebbero andare storte. Parla di una piccola azienda di artigiani preoccupata per la cancellazione di un’esposizione a Monaco cui partecipa annualmente per ottenere nuovi ordini. Della Lufthansa che ha annullato molti voli per cui potrebbe perdere il diritto ad usare alcuni slot. Morgan Stanley presenta anche lo scenario più catastrofico, quello che prevede un’estensione della crisi sanitaria al terzo trimestre. In questo caso immagina una crescita mondiale di poco superiore al due per cento a settembre ed un ritorno alla media, pari al tre e mezzo per cento, solo alla fine del 2021. Per ora, comunque si mantiene più incline a credere allo scenario più ottimista che vede una crescita del 3% a settembre e del 4% a marzo del prossimo anno. Vede l’attuale debolezza del mercato come un utile pausa per far rientrare dei tratti di forzatura che erano presenti nelle quotazioni. Non va dimenticato che a distanza di un mese dallo scoppio della crisi in Cina il mercato statunitense ha segnato nuovi record registrando un rialzo del 40% dal punto di minimo, per altro relativo, toccato a dicembre 2018. All’epoca reagì ad una politica di rialzo dei tassi che la FED cercava di introdurre e da cui poi ha fatto una veloce retromarcia già prima del ribasso che abbiamo richiamato nei titoli e che probabilmente proseguirà con un altro taglio di 50 punti base a marzo e di 25 ad aprile. Le valutazioni erano molto alte: il rapporto tra prezzi ed utili dello S&P 500 era arrivato a 19, tra i livelli più alti degli ultimi 100 anni. In pratica indicava, secondo un tradizionale parametro borsistico, in 19 anni il tempo necessario a riprendere la spesa per acquistare il titolo mediante i dividendi. Mancavano le prospettive di crescita per giustificare un tale livello di prezzi. In altre parole una correzione serviva e, se il tutto si risolvesse in poche settimane, Morgan si aspetta nuovi record entro dodici mesi sulla base di un’economia che appare solida e che sarebbe favorita anche da un improvvisa debolezza del petrolio innestata da una guerra tra Arabia Saudita e Russia che potrebbe avere anche altre implicazioni di natura geopolitica (*) . La solidità dell’economia, prima della crisi sanitaria, è ancora una volta provata dall’andamento del mercato del lavoro statunitense che a febbraio, come a gennaio, ha creato circa 270.000 nuovi posti di lavoro. Morgan Stanley nel suo scenario base, quello che prevede che l’epidemia abbia un picco tra maggio ed aprile, calcola che il tasso di disoccupazione risalga al 4% dal 3,5% indicato dal grafico a sinistra. Gli ottimisti naturalmente immaginano che la politica fiscale possa finalmente battere un colpo magari anche con un coordinamento europeo che potrebbe, in un mondo ideale, portare ad un accordo sul bilancio europeo magari raddoppiandolo al due per cento del PIL(**). Sarebbe, come dire, un omaggio alla Cina o meglio al suo alfabeto! Qualcosa potrebbe ancora fare anche la politica monetaria, qualcuno spera che dalla riunione di giovedì prossimo possa essere esteso il QE magari anche prevedendo l’acquisto di azioni e/o obbligazioni emesse dalle aziende. Dalla politica fiscale europea ci si potrebbe attendere una diversa partenza del Fondo salva Stati che dovrebbe essere finanziato ed autorizzato ad intervenire anche in favore di quei paesi, come il nostro, che al momento non supererebbero l’esame. Resta il fatto che in Italia servirebbe una manovra espansiva di circa 70/80 miliardi magari finanziata con una ristrutturazione della spesa e solo con un piccolo aumento del deficit! Una manovra di politica fiscale dovrebbe in realtà intervenire anche sul lato dell’offerta qualora la crisi dovesse allungarsi. Per meglio dire dovrebbe cercare di ridurre al minimo tutti gli ostacoli legati a quella che diventerebbe un’inevitabile ristrutturazione delle cosiddette catene del valore (***).

Questo argomento ci porta facilmente a parlare delle prossime presidenziali statunitensi. Alle primarie democratiche rimangono in corsa due candidati Biden e Sanders. Il vice di Obama era dato per definitivamente sconfitto, ma nel super martedì di inizio marzo ha vinto in 10 Stati e Bloomberg, tra i primi 10 uomini più ricchi al mondo ed ex sindaco di New York, si è ritirato in seguito ad una sonora sconfitta. Nella tornata odierna ha vinto ancora e pur non avendo ancora matematicamente i delegati necessari a vincere nella convention di luglio, ne serviranno almeno 1990, appare come il più probabile sfidante di Trump. La vittoria in Michignan, la cui governatrice ha sostenuto l’ex vice presidente potrebbe far parte del ticket presidenziale è importante in quanto è il primo dei quattro della cosiddetta Rusty Bealt che andrà al voto. Sono quelli dove più massiccia è la presenza dei colletti blu che alle ultime elezioni hanno abbandonato i democratici votando per Trump. Biden spera di essere ricordato in quanto vice di Obama che salvò l’industria automobilistica nel 2008. La partità si concluderà il 17 quando si voterà in Arizona ed in Florida. Al momento Biden gode dell’appoggio degli afroamericani mentre Sanders sembra più benvoluto tra gli ispanici tra i quali risulta, però essere più ampia la percentuale di coloro che non si sono registrati al voto. Ricordiamo che uno dei principali difetti del sistema elettorale statunitense è il fatto che non si ha automaticamente diritto al voto, bisogna registrarsi e poi anche avere il tempo per andare a votare in un giorno lavorativo: ci sono proposte di legge per cambiare ma al momento si vota martedì (****). L’altro difetto è il gerrymandering una pratica che, per quanto combattuta dai tribunali, è ancora abbastanza diffusa e consiste nel ridisegnare i collegi elettorali in modo da spostare gli equilibri: sono maggioritari, quindi, includere o meno una data fascia di popolazione di cui si conoscono gli orientamenti politici, magari per ragioni etniche, può decidere la vittoria. Non è ancora chiaro per chi consiglierà di votare la senatrice Warren. Da una parte potrebbe favorire Sanders con cui condivide le idee “socialiste” ad esempio in tema di sanità e borse di studio per gli studenti, dall’altra qualcuno ricorda che a portarla dalla cattedra di Harvard, dove combatteva con successo contro le banche, al Senato sono stati Biden ed Obama.

L a copertina dell’Economist qui riprodotta fa riferimento alla possibilità che a concorrere per la Casa Bianca siano due tipi di ideologie estreme, entrambe tese a combattere il multilateralismo a favore del protezionismo. Una politica che se davvero dovesse essere implementata renderebbe quasi impossibile ricostruire le catene del valore se l’attuale crisi sanitaria dovesse, estendendosi nel tempo, renderlo necessario. Ricordiamo che le fasi della corsa alla presidenza possono essere seguite sul sito www.realclearpolitics.com che raccoglie tutti i sondaggi. A proposito di rapporti commerciali riportiamo, tra poco, le ultime notizie circa la guerra dei dazi che al momento è in fase di tregua. E’ il caso di ribadire quanto siano importanti i rapporti internazionali in caso di crisi. Nel 2008 furono essenziali le Linee di swap in valuta. Uno strumento molto utile a preservare la stabilità finanziaria che è stato usato, praticamente in modo clandestino, dalla FED per arginare la crisi finanziaria nata nel 2008. E’ un accordo tra due banche centrali per lo scambio delle rispettive valute. Consente ad una delle due di ottenere liquidità in valuta estera presso la banca centrale che la emette. Generalmente l’operazione serve a coprire le esigenze delle banche commerciali del paese che fa la richiesta. Nel 2008 le banche europee avevano un fortissimo indebitamento in dollari. Dollari che avevano usato per espandere la loro attività anche oltreoceano facendo prestiti in quella valuta. Allo scoppio della crisi era diventato impossibile rifornirsi sull’interbancario e solo le line di swap in valuta hanno evitato il fallimento di diverse banche europee.

Veniamo ora alle tensioni commerciali. Trump ed il vice di Xi hanno finalmente firmato quella che è stata definita la fase uno delle trattative che, in realtà, lascia fuori i punti fondamentali dell’attrito tra Washington e Pechino. La tutela dei brevetti, la concorrenza nel campo dell’intelligenza artificiale e i finanziamenti alle imprese statali cinesi. Uno dei punti fondamentali dell’accordo, come sappiamo, riguarda l’acquisto dei prodotti agricoli statunitensi da parte di Pechino che deve essere visto alla prova dei fatti; si parla di 200 mld di acquisti in due anni tra beni e servizi, rimangono in vigore buona parte delle tariffe fin qui innalzate che potrebbero essere aumentate se non arriveranno gli acquisti “concordati”. Qualcuno sostiene che sia impossibile raggiungere un tale importo considerando che al massimo sono stati importati 26 mld, nel 2012. La Cina inoltre potrebbe “attaccare” sul fronte delle valute virtuali. Da tempo si parla della prima criptovaluta di Stato in preparazione a Pechino. Un passo del genere, magari legato ai finanziamenti concessi per la Via della Seta, potrebbe scatenare un terremoto nel sistema dei pagamenti che, per altro, non è certo al passo con le tecnologie disponibili. Di fatto una valuta virtuale sovrana potrebbe mettere in seria difficoltà le banche commerciali perché mantenere dei depositi presso di loro sarà, comunque sempre più rischioso rispetto a quelli, eventualmente, offerti dalle banche centrali. Una simile mossa potrebbe anche minare, col tempo, l’egemonia del dollaro nei sistemi di pagamento internazionali. Ad aprile dovrebbe esserci in Giappone un incontro tra sei banche centrali (BCE, BoE, BoJ, Svizzera, Svezia e Canada) per parlare delle implicazioni di una valuta virtuale di Stato emessa dalla Cina. Va detto che sono bastati pochi giorni dalla firma perché le relazioni cominciassero a deteriorarsi nuovamente. Negli USA sono partite denunce contro Huawei per un presunto furto di dati. Persino riguardo al coronavirus si è passati da una prima dichiarazione di solidarietà a pesanti critiche sui ritardi nella diffusione delle statistiche. La Cina ha anche espulso dei giornalisti americani ed ha ricordato l’epidemia legata all’influenza suina nata in Messico e che Washington non ha gestito benissimo avendo riportato 12.000 vittime, nel 2010, mentre gli USA hanno denunciato anche esponenti dell’esercito cinese per furto di dati per via informatica avvenuto nel 2017. Questo ultimo aspetto ricorda anche una recente denuncia della Lagarde che riporta un possibile attacco cibernetico tra i principali rischi a cui è sottoposta l’economia. In Europa esiste poi anche il problema di trovare quella che viene definita una sovranità digitale. A parte Ericsson e Nokia che potrebbero dare una mano nel 5G, e nel 6G che potrebbe arrivare prima del previsto, in grado di contrastare, se supportate, Huawei nel vecchio continente non esiste autonomia per la conservazione ed il trattamento dei big data rispetto ad USA e Cina.

Arrivando alle conclusioni non si può non partire dalla solita affermazione secondo la quale ognuno deve agire in base alla sua propensione al rischio che deve, comunque essere vista alla luce del proprio orizzonte temporale. Compito di un consulente è quello di aiutare a tracciare degli scenari indicandone l’eventuale diverso peso probabilistico. Ciò premesso al momento ci troviamo di fronte ad una situazione per certi versi sconosciuta che qualora fosse risolta entro la prima metà dell’anno potrebbe, già dagli attuali livelli di quotazione, rappresentare una prima opportunità di acquisto (certamente non è il caso di usare tutta la liquidità a disposizione). Un buon coordinamento di politica fiscale e monetaria potrebbe senza dubbio fronteggiare la crisi. Una pandemia, come quella cui fa riferimento Bill Gates quando afferma che potrebbe arrivarne una da milioni di morti, è certamente possibile, ma questo non sembra il caso. Qualora dovesse esserlo si dovrebbero impiegare anni per ricostruire le catene del valore sempre che non si scivoli verso una chiusura dei confini. Aspettarsi una volatilità è ragionevole ma è ancora troppo presto per indicare l’attuale situazione come una in cui passare decisamente ad uno scenario negativo che comporterebbe l’acquisto esclusivo di beni rifugio quali il decennale statunitense che, per altro, è già stato oggetto di una corrente di acquisti! Gli elementi che potrebbero far aumentare le probabilità di uno scenario catastrofico sono, come appare ovvio, un riaccendersi dell’epidemia in Cina che sembra essere sulla via del contenimento e sta fornendo consulenza (§§) ai paesi ora più colpiti(!) o una crisi dei sistemi sanitari occidentali. A questo proposito le critiche a quello statunitense non mancano sia per la sottovalutazione di Trump sia per la natura essenzialmente privata che potrebbe rallentare il riconoscimento del virus. Ovviamente tra le cose che un consulente deve fare c’è anche il trasmettere la propria esperienza in termini di gestione dell’emotività. Deve inoltre saper presentare i prodotti che consentono una limitazione del rischio senza trascurare di illustrare i limiti che hanno, le cose che non permettono di fare in modo che il risparmiatore possa valutare se esiste una possibilità che gli interessi farle !

G.G e M.R.

Questo articolo si basa su dati di pubblico dominio ritenuti attendibili, ma suscettibili di modifiche improvvise. Intende proporsi come ausilio alla comprensione dei movimenti dei mercati finanziari. Non vuole essere in alcun modo uno strumento di analisi o uno studio, né intende sollecitare qualsiasi operazione di compravendita di prodotti finanziari. Si ricorda che ogni risparmiatore deve basare le sue decisioni d’investimento su una propria convinzione. Questo Blog si limita a presentare una sintesi delle opinioni diffuse sui mercati finanziari.

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NOTE ———————————————————————————————-

(§) I coronavirus, si chiamano così quelli che passano dagli animali all’uomo, esistono da sempre. Probabilmente il primo è il morbillo passato circa 1000 anni fa all’uomo dai bovini. Gli ultimi sono stati la Sars e la Mers, (quest’ultima ancora presente in Medio Oriente ed il cui nome sta per Middle East Respiratory Sindrome). Sono pericolosi quando arrivano in fondo alle vie aree dove l’ossigeno viene trasferito al sangue. A volte col tempo evolvono anche in forme meno aggressive e quasi innocue. Burioni in un libro appena uscito racconta che alcuni virus nati come pericolosi nei secoli scorsi sono tuttora esistenti e responsabili di circa il 10% dei nostri raffreddori.

(*) La Russia ha iniziato una guerra rifiutandosi di ridurre la propria produzione (di un milione e mezzo di barili al giorno oltre al prolungamento del taglio già deciso di due milioni, si pensi che in un giorno si consumano circa 90 milioni di barili) forte del fatto che avendo perseguito una politica di rigore, paradossalmente grazie alle sanzioni americane, può permettersi un prezzo del petrolio più basso (da inizio anno è sceso di oltre il 30%). L’Arabia Saudita ha immediatamente risposto con un ribasso del barile intorno ai 10 dollari per mantenere la propria quota di mercato. Il calo del prezzo del petrolio è corresponsabile dell’odierno crollo dei listini dove i titoli energetici stanno soffrendo più degli altri. L’Arabia Saudita ha un punto di pareggio intorno agli 80 dollari contro i circa 50 calcolati al momento per Mosca, ma conta, grazie ad un enorme disponibilità di riserve finanziarie, di sottrarre introiti e quote di mercato ai concorrenti in modo da ricondurli alla “ragione”. Entrambi vedono con piacere un calo del prezzo nella misura in cui i produttori di shale gas americani si trovano fuori mercato avendo costi di estrazione più alti. Probabilmente non tutto il calo dei prezzi sarà trasferito ai consumatori, ma certamente questo potrebbe favorire la ripartenza dell’economia quando la situazione sanitaria smetterà di essere critica.

(**) Come è noto il bilancio europeo è pari ad una cifra intorno all’uno per cento del Pil: circa 1200 mld di euro. Al momento abbiamo un fronte di paesi che vorrebbe stare sotto di circa 100 miliardi (Austria, Danimarca, Svezia ed Olanda) ed altri che vorrebbero andare verso l’1,3% del Pil. I primi vorrebbero diminuire le spese per l’agricoltura e concentrarsi su nuove iniziative quali il digitale, la sicurezza e la riduzione delle emissioni. La Germania inizialmente li appoggiava poi si è defilata in cambio di una riduzione della sua quota che, comunque aumenterà a seguito dell’uscita di Londra. (***) Le industrie farmaceutiche americane stanno soffrendo perché in India, da cui partono i medicinali a basso costo, non arrivano i principi attivi che sono costruiti in Cina. Le catene del valore saranno probabilmente anche il principale scoglio della trattativa per la Brexit. Una trattativa che in teoria deve finire entro fine anno, ma che probabilmente sarà estesa. Entro il primo luglio è possibile chiederlo. Si pensi al problema della pesca: Boris ha promesso ai suoi pescatori l’esclusiva dei mari inglesi, ma attualmente possono essere sfruttati anche da francesi, spagnoli, danesi e olandesi. (****) Le elezioni USA si tengono a novembre perché all’epoca della Costituzione era il mese in cui agricoltori e allevatori avevano più tempo libero. Fino al 1845 c’era un mese di tempo, come succede ancora in India, poi, grazie alla ferrovia, si decise di votare in un solo giorno. Non si è scelto la domenica per rispetto della festività religiosa e per lo stesso motiva si escluse il lunedì che poteva cascare nel giorno del Ringraziamento.

(§§) La consulenza riguarda sia l’aspetto medico sia quello dell’ordine pubblico. Pechino ha fatto largo uso della digitalizzazione ossia del riconoscimento facciale.

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