Il ruolo dell’investitore ed i compiti del Consulente (seconda puntata)

Il quadro è di Fernand LEGER, 1881-1955 : I COSTRUTTORI.

Questo articolo si propone di aiutare la comprensione dei meccanismi che sono dietro la costruzione e la modifica di un Asset Allocation (AA) nel risparmio gestito.

Possiamo dire che un AA si costruisce agendo su tre leve con diverso potenziale di influire sulla performance. Eccole in ordine di importanza: la prima è la scelta di distribuire pesi tra mercato monetario e/o liquidità, mercato obbligazionario e mercato azionario; la seconda è usata per individuare l’area geografica, il settore merceologico e la scadenza, se si tratta di obbligazioni; la terza si limita a selezionare il singolo titolo.

La responsabilità di intervenire sulle tre leve, presuppone la disponibilità di diversi tipi di informazioni e può essere, o meno, ripartita fra tre soggetti: il gestore, il consulente ed il risparmiatore. Può essere utile spendere due parole per descrivere i primi.

Per gestore qui si intende colui che materialmente muove i capitali in base al grado di delega ricevuto, che può essere più o meno esteso (comprendere tutte le tre leve, due o solo una: la scelta del singolo titolo) e che, nella stragrande maggioranza dei casi, non ha rapporti con il risparmiatore di cui solitamente ignora persino il nome.

Il consulente ha la responsabilità di interfacciarsi con il risparmiatore, comprendere bene la sua situazione e le sue conoscenze, di controllare che abbia una programmazione finanziaria adeguata alle sue esigenze ed infine di coadiuvarlo a gestire le sue emozioni.

Da quest’ultima frase si può già capire che al consulente spetta intervenire sulla prima e sulla seconda leva, coordinandosi con l’investitore. Ovviamente la prima leva è quella che ha il potere di determinare il buon esito di un investimento: se il mercato scende la posizione migliore è quella di chi ha la liquidità; la scelta di un’area geografica e/o merceologica spesso può solo ridurre l’impatto.

La terza leva può portare a grandi risultati: esiste sempre un singolo titolo in grado di fare meglio di un mercato, ovviamente i rischi di una scarsa diversificazione sono enormi. In particolare tenere sotto controllo cosa avviene su un titolo è molto complicato e richiede accesso ad un volume di informazioni che quasi nessuno ha.

Il gestore, tramite contatti con le principali case d’investimento, può disporre dei report aggiornati dei vari analisti: riesce ad individuare i titoli migliori e ad avere, quasi sempre, in tempi rapidi le informazioni rilevanti. Essere tra i primi a sapere che è uscito o che sta per uscire un report da una primaria banca può garantire una performance del due o tre per cento in poche ore. Sapere che un analista ha individuato un problema nella strategia di un’azienda o che un concorrente ha fatto una certa mossa può valere molto. Vale solo la pena di aggiungere che spesso questo tipo di informazione viene comunicato solo a voce sia per motivi di tempo sia per motivi, come vogliamo definirli, di opportunità. Circostanza che contribuisce a rendere più rischioso investire sui singoli titoli.

Questa per sommi capi era, come dire, la logistica; ora proviamo a descrivere brevemente le logiche con cui si muove un gestore e quelle che deve seguire il consulente.

Il gestore ha a disposizione una serie di analisi che deve usare secondo un sistema che potremmo definire di precedenze variabili dato che difficilmente faranno la cortesia di fornire lo stesso risultato, le rare volte in cui succede è possibile individuare uno scenario con alte probabilità di realizzarsi e su cui investire a colpo quasi(!) sicuro.

Possiamo dire che le analisi sono quattro. Macroeconomica, quantitativa, fondamentale e tecnica. L’analisi macroeconomica segue l’andamento generale dell’economia: movimento dei tassi di interesse e di cambio, dei prezzi del petrolio, situazione politica. L’analisi quantitativa cerca di tenere sotto controllo le correlazione statistiche tra i vari settori economici. L’analisi fondamentale segue i bilanci delle società quotate, studia quelli già chiusi e prova redigere quelli futuri: è il compito degli analisti che operano a stretto contatto con le società visitandole ad intervalli regolari. L’analisi tecnica studia i grafici ottenuti rielaborando le quotazioni di chiusura ed i volumi scambiati dai vari titoli: sostanzialmente serve a muoversi secondo degli schemi convenzionali che hanno la precedenza in mancanza di input dalle altre analisi. Per dare un’idea è possibile individuare livelli di supporto o resistenza che corrispondono rispettivamente a possibili momenti di acquisto o di vendita. Se un titolo quota ad un prezzo sotto il quale storicamente non è mai sceso o quasi e si è in assenza di input da parte delle altre analisi è ragionevole comprarlo, se però quando un titolo è su un supporto esce una notizia in grado di modificare il giudizio emesso dall’analisi fondamentale allora il suggerimento dell’analisi tecnica perde completamente di valore. Generalmente il titolo viene venduto dal gestore o nell’ottica di ricomprarlo ad un prezzo più basso o per sostituirlo con un altro che abbia prospettive migliori.

Immaginare un altro esempio ci può portare a considerare una situazione in cui un titolo si trova ai minimi e ha dei buoni fondamentali, ma la banca centrale è costretta ad alzare i tassi perché teme di aver perso il controllo dell’inflazione. In questo caso c’è da aspettarsi che tutto il mercato vada giù ed è difficile che un singolo titolo, per quanto dotato di buone “cartucce”, galleggi, quindi all’analisi macroeconomica viene data la precedenza. Passato il momento di iniziale reazione del mercato alla crisi si può anche valutare che alcuni fondamentali siano validi e comprare un titolo senza badare all’analisi macroeconomica se dovesse risultare particolarmente conveniente in base alla valutazione ricavata analizzando i bilanci. Gli ultimi esempi ci portano a considerare una riflessione che va fatta all’inizio di ogni investimento anche se non esiste una risposta definitiva alla scelta tra una gestione attiva e passiva. Si può essere convinti che toccando un AA, deciso inizialmente con le opportune attenzioni alla diversificazione e magari anche alle correlazioni tra vari segmenti di AA, sia più probabile fare errori che non azzeccarci e, quindi, prediligere una gestione passiva. Oppure si può credere nella propria capacità di individuare massimi e minimi dei mercati…

La scelta, come è ovvio, è soggettiva anche se si può, come dire, insinuare il dubbio che la verità, come spesso accade, stia nel mezzo. In altri termini può valer la pena di cambiare un AA solo quando varia sensibilmente il quadro delle probabilità assegnate ai due scenari di mercato (quello rialzista e quello ribassista). Una circostanza che non si verifica spesso, ma può presentarsi!

Volendo fare due esempi si può pensare ad un ipotetico mercato che veleggi da un po’ su valutazioni ritenute care in cui si presenti un inatteso aumento dei tassi per una fiammata di inflazione. Oppure, volendo fare un’analisi sul passato, a quando Draghi, nel 2012, ha promesso ai mercati di fare qualsiasi cosa per salvare l’euro (promessa che ora potrebbe essere giudicato poco credibile, ma che allora ebbe un grosso effetto!).

Va da se che le informazioni circa l’andamento di un singolo titolo ed in misura minore di una singola area merceologica e/o geografica sono più costose e difficili da ottenere rispetto a quelle relative alla situazione politica ed economica in generale. Queste ultime possano aver bisogno di tempo per essere raccolte, ma sono ormai disponibili anche in forma prospettica: le Banche Centrali, ad esempio, ormai annunciano pubblicamente le loro strategie ed i dati che tengono sotto controllo per decidere se cambiarle o meno. In pratica questo significa che possono, e devono, essere seguite anche dal consulente che, comunque, con un minimo di organizzazione riesce a seguire anche la seconda leva dell’AA. Seguire la terza per lui è veramente molto difficile, cosi come rischia di essere proibitivo per il singolo risparmiatore.

Al consulente, come dicevamo, spetta aiutare l’investitore a gestire le emozioni e guidarlo nelle scelte tenendo conto delle sue esigenze. E’ evidente che se le somme di cui si parla possono essere impiegate a breve per acquistare una casa tutta una serie di scelte sono escluse e devono rientrare se sono state prese in precedenza. La non conoscenza di tutte le esigenze del cliente è uno dei motivi per cui un gestore a volte non si può assumere completamente la responsabilità di un investimento, ma questo è un argomento che abbiamo affrontato già nella prima parte di questo intervento sul blog.

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