Cosa succede sui Mercati – 16 Settembre 2019

Cosa succede sui mercati 16settembre 2019

Jehan Georges VIBERT (1840-1902): HO TROVATO.

Il premier inglese potrebbe aver individuato il sistema per condurre in porto la Brexit anche senza un accordo con l’Europa.

La guerra delle tariffe continua anche se lo scenario più probabile non è quello che porta ad una recessione, in altre parole il livello dei dazi dovrebbe restare contenuto. Boris Johnson ha sospeso il parlamento per cercare di arginare le iniziative di chi vuole restare in Europa, ha dovuto poi chiedere nuove elezioni anche se difficilmente ci saranno nei tempi che auspica. La Germania rallenta. Per i mercati si parla di maggiore volatilità, ma, al momento, le principali case di investimento non parlano di inversione di tendenza. I tassi rimangono sotto zero e ha fatto molto discutere l’inversione della curva dei tassi statunitensi. Non mancano i timori di chi teme che le autorità monetarie possano non avere più strumenti a disposizione.

UBS stima al 30% la probabilità che una recessione inizi prima del 2020. Morgan Stanley parla di un aumento delle possibilità di una recessione. Entrambi non parlano, per ora, di un’inversione di tendenza dei mercati, ma di probabili correzioni nell’ordine del 10% e suggeriscono di aumentare il peso delle obbligazioni e/o delle azioni con un dividendo alto.

Il principale motivo di preoccupazione restano le tensioni commerciali. Finora i dazi non hanno rallentato l’economia perché, come dire, sono state trovate soluzioni alternative, vuoi per aggiustamenti monetari (deprezzamento della valuta cinese), vuoi perché le aziende sono riuscite a rifornirsi da altri paesi. Più prosegue il “gioco” più queste contromosse diventano vane. Nel momento in cui il settore automobilistico e quello tecnologico dovessero essere coinvolti le cose potrebbero complicarsi e potrebbero essere colpiti i margini di aziende che hanno multipli alti in Borsa (ossia che potrebbero vedere cadere le loro quotazioni). Se dovesse continuare il trend di svalutazione della valuta cinese (negli ultimi tre mesi ha perso il 5% contro le principali valute) potrebbero esserci effetti deflattivi a livello globale dato che Pechino è il maggior partner commerciale mondiale. L’idea che possa arrivare una deflazione, favorita dal fatto che costa meno acquistare le merci vendute dalla Cina, potrebbe poi rendere vano il tentativo di favorire l’economia con un ribasso dei tassi. UBS alza dal 30 ad oltre il 50 per cento la possibilità di una recessione se le tariffe imposte da Trump dovessero raggiungere il 25%, contro l’attuale 15%, sui 300 mld di scambi colpiti da settembre.

Rimane poi aperto il tema delle tariffe sulle auto che è stato rimandato a novembre e quello sui prodotti tecnologici. Per dirla tutta Trump ha anche ricordato l’esistenza di una legge che gli permetterebbe di chiedere alle aziende statunitensi di rimpatriare tutte le attività presenti sul territorio cinese.

Altri elementi di potenziale disturbo sono legati alla Brexit dove il nuovo primo ministro ha pensato di sospendere il parlamento per 5 settimane, la cosiddetta prorogation, ottenendo reazioni fortemente negative da parte di tutta la stampa ed anche da alcuni esponenti del suo partito. La conseguenza più probabile dell’iniziativa di Johnson, che ha anche perso la maggioranza, saranno nuove elezioni. Il primo ministro si è in qualche modo giustificato dicendo di voler ottenere un accordo migliore mostrando all’Europa che il parlamento inglese non intende prendere in considerazione una trattativa o la richiesta di ulteriori dilazioni accettando piuttosto l’idea di un no-deal. Di fronte alla scarsa collaborazione del parlamento il premier sta parlando di indire elezioni anticipate . Conta sui sondaggi che lo danno in vantaggio, ma in realtà basterebbe un accordo tra laboristi e liberal democratici sui collegi per rimetterli in discussione (*). Il vantaggio nei sondaggi è senz’altro legato all’inerzia del leader dei laburisti che non ha mai preso una posizione chiara, se lo avesse fatto ai tempi del referendum forse la risicata maggioranza per il leave sarebbe andata dall’altra parte. Un eventuale no-deal, come ormai sappiamo, potrebbe rallentare l’economia allontanando molte imprese e potrebbe mettere persino a rischio la tenuta del Regno Unito per via dei referendum che potrebbero essere chiesti da Irlanda e Scozia.

Ovviamente l’attenzione dei mercati, per capire se lo scenario recessivo si avvicina troppo (certamente quello rialzista non ha grossi spazi…, sarebbe principalmente legato ad una pace definitiva tra Trump e Xi!) è puntata sugli indicatori della produzione industriale.

In Germania l’indice IFO è passato da 95,8 a 94,3 raggiungendo così il punto di minimo dal novembre del 2012. La maggiore responsabilità del calo ricade sul settore automobilistico che occupa un milione e mezzo di persone in Germania.

Anche negli USA gli indici manifatturieri sono deboli, anche se il loro peso sul PIL è più basso. Sarà importante verificare la tenuta del mercato del lavoro nelle prossime rilevazioni, a luglio si è registrata un aumento di 164.000 nuovi posti di lavoro ed un tasso di disoccupazione stabile al 3,7%, ricordiamo che per la crescita è considerato essenziale un livello superiore alle 100.000 unità. I mercati si aspettavano un aiuto da parte delle autorità monetarie, in particolare dalla FED che il 18 settembre ha annunciare un nuovo taglio. Anche la BCE ha annunciato nuove misure di stimolo. Il prezzo del petrolio (prima degli attentati) era sceso del 20% in un anno (va, comunque ricordato che un calo eccessivo potrebbe essere il sintomo di una recessione!).

In altre parole la partita è ancora aperta. I pessimisti ricordano che il dollaro forte potrebbe ridurre i profitti delle aziende statunitensi e temono anche che i tassi di interesse troppo bassi finiscano per essere un problema piuttosto che una soluzione. La linea rossa del grafico mostra l’ammontare di debito mondiale emesso con un tasso negativo, si parla di oltre 17.000 milioni di dollari.

Per comprendere meglio si può pensare che per avere un rendimento positivo dai titoli di Stato tedeschi è necessario andare oltre i 30 anni. Prestando soldi a Parigi l’attesa si dimezza: dopo 15 anni il rendimento è positivo.

Qualcuno ricorda che con questi tassi le istituzioni finanziare hanno una qualche difficoltà a produrre utili e questo si potrebbe riflettere sulla loro capacità di sostenere l’economia.

Possiamo tornare al tema iniziale, quello relativo alle indicazioni fornite dalle principali case d’investimento, citando Merrill Lynch che si mette in scia agli altri parlando di scenario recessivo che vede aumentare le sue probabilità senza, però essere quello di riferimento. Va tenuto presente che praticamente tutto si regge sui consumi statunitensi, un eventuale rallentamento scatenerebbe la corsa a compilare nuovi report basati su uno scenario di riferimento recessivo e non più legato ad un semplice rallentamento. Morgan suggerisce già di far passare qualche settimana prima di impostare una strategia, teme che le incertezze cumulate siano ormai eccessive e che la voglia degli investitori di correre a comprare sui minimi possa venire meno. Cita i diversi focolai di tensione geopolitica rappresentati, oltre che dalla Brexit, dall’Argentina, da Hong Kong, dall’Iran e persino dall’Amazzonia.

(*) In realtà per poter arrivare alle elezioni Johnson ha bisogno dell’appoggio dei due terzi dei parlamentari ed il partito laburista non sembra disposto a concederlo. Anche molti parlamentari conservatori, tra cui esponenti di primo piano, si sono espressi contro il primo ministro che li ha espulsi nottetempo dal partito! In altre parole la situazione politica inglese, che, ricordiamolo, non può contare su una Costituzione scritta, appare molto confusa!! Alcuni quotidiani parlano di una vera e propria strategia del caos perseguita dal governo. Bojo ha perso 4 votazioni in 24 ore. Per fare un paragone possiamo dire che la Thatcher ne ha perse 4 in 11 anni, Blair 4 in 10, Cameron 10 in 6 anni e la May 33 in due. E’ però ancora possibile che si arrivi ad un no deal: il primo ministro potrebbe, comunque chiedere una proroga ma non è detto che sia concessa.

G.G e M.R.

Questo articolo si basa su dati di pubblico dominio ritenuti attendibili, ma suscettibili di modifiche improvvise. Intende proporsi come ausilio alla comprensione dei movimenti dei mercati finanziari. Non vuole essere in alcun modo uno strumento di analisi o uno studio, né intende sollecitare qualsiasi operazione di compravendita di prodotti finanziari. Si ricorda che ogni risparmiatore deve basare le sue decisioni d’investimento su una propria convinzione. Questo Blog si limita a presentare una sintesi delle opinioni diffuse sui mercati finanziari.

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